Anche nel mese di maggio l’Archivio digitale si è arricchito di una nuova annata di documenti tratti dal “Fondo archivistico Curia arcivescovile di Milano – Ufficio per le comunicazioni sociali”: si tratta in questo caso di testi relativi all’anno 2000.

Segnaliamo qui in particolare la trascrizione di una conversazione avuta da Carlo Maria Martini con i seminaristi dell’Arcidiocesi di Milano l’8 dicembre 2000, conversazione che venne poi pubblicata dalla casa editrice EDB con il titolo La mia storia con la Scrittura. Pubblichiamo di seguito la parte di questo intervento in cui il Cardinale racconta gli aspetti più personali del suo amore per lo studio della Parola. A questo link è possibile scaricare il testo integrale e consultare tutti gli altri nuovi documenti dell’anno 2000.

 

Come ho incontrato la Scrittura? Mi pare di aver avuto l’intuizione verso i dieci-undici anni, quando mi chiedevo: perché dicono che la Scrittura è il libro di Dio e poi non lo leggiamo mai? Questa piccola curiosità mi ha spinto a prendere in mano non solo i Vangeli, ma tutto il Nuovo Testamento; in quegli anni non c’erano i sussidi e gli strumenti che ci sono oggi e la mia lettura era perciò adolescenziale. Durante gli anni delle scuole superiori ho avuto un altro stimolo. A me piaceva molto la letteratura, la poesia e mi domandavo: la Bibbia è scritta in prosa o in poesia? Mi interessava sapere se la Bibbia ha veramente i valori letterari tanto decantati in astratto e i valori che trovavo nei classici latini e greci. Così, verso i quattordici-quindici anni ho cominciato a leggere il libro di Giobbe, il cui aspetto poetico mi attirava molto.

La storia del mio rapporto con la Scrittura è quindi molto lunga e parte da lontano. Naturalmente è stata determinante la decisione dei miei superiori di mandarmi a studiare la sacra Scrittura: una decisione che non prevedevo, ma che pioveva sul bagnato! Sono così entrato sempre di più nel mondo e nella vita della Bibbia. Ricordo che allora ripetevo spesso il versetto di Dante: «Vagliami il lungo studio e il grande amore / che m’ha fatto cercar lo tuo volume» (Dante si riferiva all’Eneide di Virgilio, e io alla Scrittura). Lungo studio e grande amore, una voglia profonda di entrare nel mistero della Bibbia, anche letterario, storico, storico-critico ecc. E la Scrittura mi ripagava di tutto perché mi si manifestava sempre più come la Parola che illumina: «Lampada per i miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino» (Sal 119,105).

Forse un altro momento importante l’ho vissuto quando, senza alcun preavviso, ho dovuto predicare un corso di Esercizi spirituali, nel 1972, all’Eremo San Salvatore di Erba. In quegli anni stavo a Roma, al Pontificio istituto biblico, e il padre Stanislao Lyonnet, mio grande maestro di san Paolo, aveva accettato di tenere un corso di Esercizi ai giovani preti di Milano; improvvisamente si era sentito poco bene, non in grado di affrontare un viaggio, e venne allora nella mia stanza chiedendomi di sostituirlo. Ovviamente non avevo il tempo necessario per preparare le meditazioni e pensai allora di cambiare metodo rispetto ai corsi di Esercizi che avevo dato negli anni precedenti. Decisi cioè di prendere il Vangelo di Marco per presentarlo e viverlo in una forte esperienza spirituale con quei giovani preti; mi accorsi così che la Scrittura è fonte straordinaria di vita spirituale e ci parla.

Ancora un pezzo della mia storia con la Bibbia mi viene in mente. Verso la fine degli anni cinquanta e durante gli anni sessanta – periodo in cui studiavo e cominciavo a insegnare – avevo un grande direttore spirituale, il padre Michel Ledrus, uomo di forte acribia critica, formato nella filosofia e poi passato agli studi sulla letteratura spirituale. Ha scritto pochissimo e ha comunicato moltissimo attraverso piccoli saggi e foglietti ciclostilati. Da lui ho imparato che i Vangeli, le Lettere di san Paolo e le Lettere degli altri apostoli sono frutto di un’intensissima vita spirituale e mistica; per cui, anche quelle parole che talora ci appaiono semplici, possono essere spremute come un seme ricchissimo. Per questo è necessario, leggendo il Nuovo Testamento, fare il raffronto tra le parole, procedere con l’analisi letteraria e linguistica, in maniera che il testo rifletta non solo la parola di Dio, ma pure un’esperienza spirituale e mistica ineguagliabile. Allora ogni parola ci arricchisce e penetriamo nell’esperienza sorgiva della Chiesa degli apostoli, nell’esperienza di Gesù.

Una seconda formidabile intuizione mi ha trasmesso il padre Ledrus un giorno in cui ha detto: «Marco è il Vangelo del catecumeno, Matteo del catechista, Luca è il Vangelo dell’evangelizzatore e Giovanni il Vangelo del presbitero». Da questa affermazione ho derivato le conseguenze cercando di rileggere, nelle esperienze di corsi di Esercizi spirituali, ciascuno dei Vangeli sotto tale chiave di lettura. Non soltanto come paralleli, ma come progressivi, a indicare le varie tappe dell’esistenza cristiana. Era la prima volta che si leggevano i Vangeli come cammino, come i quattro tempi della formazione dell’uomo spirituale fino alla dimensione mistica giovannea; quattro tempi che possono corrispondere a quattro momenti successivi di un’esperienza spirituale, almeno teorica.

Vi ho comunicato alcune delle coordinate che mi hanno gradualmente aiutato a porre la Scrittura come anima dei miei studi e delle mie scelte di vita. Posso aggiungere una postilla, visto che avete citato i passi biblici che più vi hanno colpito. Il primo passo che mi colpì quando frequentavo la quinta elementare è: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai e dallo ai poveri; poi vieni e seguimi». Mi ero fatto l’idea – come ogni ragazzo – che le parole del Vangelo sono serie, hanno un significato, dicono chi siamo e chi dobbiamo essere.

 

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