L’arcivescovo missionario: viaggi extra-europei di Carlo Maria Martini

Russia

Giugno 1988

Dall’11 al 17 giugno 1988 Martini si recò a Leningrado, come membro della delegazione vaticana guidata dal cardinale Willebrands inviata da Giovanni Paolo II per prendere parte alle cerimonie per i mille anni del battesimo della Rus’ di Kiev iniziate il 5 giugno e protrattesi per dodici giorni. Un’altra delegazione, guidata dal segretario di Stato Agostino Casaroli, aveva presenziato alla prima fase dei festeggiamenti, tenutasi a Mosca. Le celebrazioni, che commemoravano la conversione al cristianesimo di Vladimir, principe di Kiev, avvenuta nel 988, cui era seguita, secondo la prassi comune dell’epoca, anche quella dell’intero popolo della Rus’, si tennero infatti nelle città di Mosca, Kiev e Leningrado e furono occasione per la Chiesa ortodossa russa di una celebrazione pubblica con il pieno avallo delle autorità politiche. I festeggiamenti rappresentarono un’occasione importante sia sul piano diplomatico sia sul piano del dialogo ecumenico. L’incontro avvenuto al Cremlino il 13 giugno tra il segretario del PCUS Michail Gorbačëv e Agostino Casaroli, segretario di Stato vaticano e principale artefice dell’Ostpolitik della Santa Sede, rappresentò un indubbio successo sul piano diplomatico permettendo di aprire un canale diretto, per quanto non ufficiale, tra Roma e Mosca e offrendo così alla Santa Sede la possibilità di trattare direttamente con il governo sovietico di questioni di politica religiosa.

Al contrario i festeggiamenti per il Millennio rappresentarono un successo solo parziale dal punto di vista ecumenico. Nonostante il clima fraterno che si respirò nel corso delle celebrazioni, restava infatti aperta tra la Santa Sede e il patriarcato di Mosca la questione della Chiesa cattolica ucraina di rito greco, che si era staccata dal Patriarcato di Mosca per riunirsi con Roma con l’Unione di Brest del 1596, ma che era stata forzatamente riannessa al patriarcato da Stalin nel 1946. La cosiddetta “questione uniate” opponeva tra loro la Santa Sede, che chiedeva il ritorno alla libertà e alla comunione con Roma per gli uniati, e il patriarcato che invece non era disposto a deflettere dalle sue posizioni e non intendeva concedere alla Chiesa cattolica ucraina di rito greco l’autonomia. Pur senza compromettere il clima generale dei festeggiamenti, tale questione non trovò infatti in essi una occasione di composizione. Al contrario, dopo il crollo della cortina di ferro, la persistente indisponibilità, tanto da parte vaticana, quanto da parte del Patriarcato di Mosca, a recedere dalle rispettive posizioni avrebbe concorso a un sensibile rallentamento del dialogo tra le due Chiese.

Il rapporto di stima reciproca instauratosi tra Martini e il metropolita di Leningrado e dal 1990 patriarca di Mosca e di tutte le Russie Aleksij II, ospite dell’arcivescovo a Leningrado, consolidato in occasione delle riunioni congiunte tra il Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee e la Conferenza delle Chiese Europee, permise negli anni immediatamente successivi alla fine della guerra fredda, segnati da un netto raffreddamento dei rapporti tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa russa, di mantenere aperta una via di dialogo.

Proprio in questa prospettiva Martini avrebbe fatto ritorno in Russia tra il 1° e il 3 maggio 1991, per discutere con il patriarca e con i suoi principali collaboratori della prosecuzione degli sforzi ecumenici. In quella occasione ebbe modo di incontrare il neoletto patriarca in due momenti, la sera di mercoledì 1° maggio nel monastero di San Danil e la mattina seguente nella sua residenza moscovita, dove ebbe con lui una lunga conversazione privata. Ebbe inoltre modo di incontrare l’arcivescovo Valentino e l’Archimandrita Januario, collaboratori del patriarca e di fare visita a Zagorsk al metropolita Juvenalis e alla locale Accademia Teologica.

Nel corso della sua prima permanenza in Russia, Martini, oltre a presenziare alle celebrazioni religiose tenne due importanti discorsi rivolti rispettivamente alle autorità civili e a quelle religiose di Leningrado, sottolineando nel primo come il Millennio dovesse rappresentare un’importante occasione di promozione del dialogo ecumenico e come Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa dovessero riscoprire appieno le reciproche ricchezze. In particolare Martini metteva in evidenza come il cattolicesimo guardasse con interesse alla ricchezza della liturgia ortodossa, e in particolare a quella eucaristica, alla sua teologia e alla sua secolare tradizione monastica, nonché all’«enorme patrimonio di icone che caratterizza la vostra arte religiosa, pervasa da profonda spiritualità e da alta ispirazione mistica». Nelle riflessioni tenute a posteriori tuttavia Martini, riflettendo sulla sua esperienza in Russia, sottolineava come l’eccessivo radicamento dell’ortodossia nella liturgia rischiasse di rappresentare un limite nel necessario processo di adattamento del patriarcato di Mosca, che stava progressivamente tornando alla libertà per effetto delle politiche religiose introdotte a partire dal 1987 da Gorbacëv, a una società russa profondamente diversa da quella prerivoluzionaria. Secondo Martini, infatti, se la liturgia da sola era stata in grado nei decenni della persecuzione da parte del regime sovietico di garantire la sopravvivenza del patriarcato, con il ritorno alla libertà rischiava di costituire un ostacolo per il necessario processo di adattamento ad un contesto sociale e storico profondamente mutato, qualora ad essa non si fossero accompagnati la catechesi e l’apostolato.

In questo discorso e ancor più in quello rivolto alle autorità civili, Martini tornò ripetutamente ad affermare che la storia della Russia non poteva essere compresa a prescindere dal cristianesimo e dalla sua diffusione nell’Alto Medioevo, presentata come il collante di unire i popoli europei. Nelle sue parole si colgono chiari gli echi del rimando al “mito delle radici cristiane dell’Europa” che però, come si può cogliere da un’analisi complessiva dei suoi pronunciamenti sull’Europa, per quanto condiviso, viene depotenziato. Martini è infatti chiaro nel riconoscere come il cristianesimo da solo non basti a spiegare le origini dell’Europa, né il suo evolversi storico. Alle radici cristiane, egli infatti non accompagna solo quelle ad esse antecedenti, come quelle classiche ed ebraiche, ma anche quelle sviluppatesi in seguito accogliendo tra le radici dell’Europa anche quelle laiche.

Nelle celebrazioni del Millennio Martini vedeva l’occasione, non solo per commemorare il momento che aveva segnato l’ingresso del popolo dell’antica Rus’ nella comunità cristiana, ma anche per condividere e mostrare sostegno al processo di rinnovamento avviato in Unione Sovietica dalla perestrojka, con l’auspicio che i diritti inalienabili di ogni uomo e di ogni donna venissero riconosciuti e promossi. Tra questi inalienabili diritti Martini ricordava in modo particolare quello alla libertà di coscienza e alla libertà religiosa. A Leningrado egli non si nascose dietro parole di circostanza ma, rivolgendosi alle autorità civili, fu esplicito nel chiedere il riconoscimento della libertà religiosa per tutte le confessioni religiose presenti entro i confini dell’Unione.

Egli fu molto chiaro anche nell’affermare che ogni qual volta Dio viene negato, eliminato dall’orizzonte umano e dei popoli, si pongono le premesse per «dolorose negazioni, e quasi per la morte dell’uomo come persona e valore trascendente» e si aprono prospettive sociali votate alla decadenza e minacciose nei confronti di un’autentica convivenza civile. Sempre secondo Martini la negazione di Dio porta con sé una decadenza dell’uomo stesso che si trova privato della sua dimensione più autentica, quella spirituale. Uno Stato che nega ai propri cittadini il diritto di credere in una dimensione trascendente, costringendoli nell’immanenza, si rende così responsabile della morte dell’uomo, intesa come riduzione dell’esistenza umana alla pura dimensione materiale e perdita forzata del patrimonio valoriale di cui le religioni si fanno portatrici. Martini mise inoltre in evidenza come lo Stato non dovesse vedere nel cristianesimo un ostacolo allo sviluppo civile e politico in quanto lo stesso Vangelo chiama il cristiano alla fedeltà verso lo Stato «nella condivisione di tutto quanto è onesto e indirizzato al bene, nella prontezza ad agire per una convivenza più giusta e più umana e nella resistenza eroica solo di fronte a pretese assolutistiche e idolatriche». Il fondamento della legittimità di un potere statale viene in questo modo posto da Martini nel suo farsi promotore e garante della giustizia. Un cristiano che vada contro quanto stabilito da un governo giusto compirebbe pertanto non solo un atto contro lo stato stesso ma anche contro il Vangelo, che invece gli riconosce diritto di ribellarsi di fronte ad un potere che violi le libertà personali e diritti umani.

Martini portò con sé al suo ritorno dalla Russia l’immagine di una Chiesa che stava lentamente “uscendo dalle catacombe” nelle quali per decenni la persecuzione religiosa l’aveva segregata. Questa immagine, molto cara anche a Giovanni Paolo II e che introduce un paragone tra la situazione dei primi cristiani perseguitati sotto l’Impero Romano e quello della Chiesa nei territori soggetti al dominio sovietico, viene utilizzata da Martini tanto a indicare la situazione delle Chiese in Unione Sovietica, quanto il ritorno alla libertà delle popolazioni dell’Europa centro-orientale dopo la fine della guerra fredda.

Documenti

1. In Russia: impressioni, fatti, interrogativi

Si veda C. M. Martini, In Russia: impressioni, fatti, interrogativi, in Fratelli e sorelle. Ebrei, cristiani, musulmani, B. Salvarani (a cura di), Trento 2020, pp. 492-505.

2. L’ecumenismo e il futuro dell’Europa (paragrafo dedicato a Mosca e Leningrado)

Si veda C. M. Martini, L’Ecumenismo e il futuro dell’Europa in Fratelli e sorelle. Ebrei, cristiani, musulmani, B. Salvarani (a cura di), Trento 2020, pp. 521-536: 527-528.

3. Il Millennio dal battesimo dell’antica Rus’ di Kiev. Incontro con le autorità ecclesiastiche di Leningrado

Si veda C. M. Martini, Il Millennio dal battesimo dell’antica Rus’ di Kiev. Incontro con le autoritĂ  ecclesiastiche di Leningrado in Fratelli e sorelle. Ebrei, cristiani, musulmani, B. Salvarani (a cura di), Trento 2020, pp. 474 – 483.

4. Il Millennio dal battesimo dell’antica Rus’ di Kiev. Discorso alle autorità civili di Leningrado

Si veda C. M. Martini, Il Millennio dal battesimo dell’antica Rus’ di Kiev. Discorso alle autorità civili di Leningrado in Fratelli e sorelle. Ebrei, cristiani, musulmani, B. Salvarani (a cura di), Trento 2020, pp. 483-491.