Il senatore Roberto Ruffilli ucciso dalle Brigate Rosse

«Quando il seme cade in terra e muore, la sua morte suscita in noi diversi sentimenti. Anzitutto il dolore, che diventa orrore ed esecrazione allorché tale morte è frutto dell’odio insano, della follia, della malvagità. Ma con il dolore e l’esecrazione, noi scopriamo la forza della vita e della verità del seme»: comincia con queste parole l’omelia che il cardinale Carlo Maria Martini tenne in occasione della Messa di suffragio per il senatore Roberto Ruffilli, ucciso dalle Brigate Rosse il 16 aprile 1988 (la Messa si celebrò il 14 maggio dello stesso anno). Studioso di scienza della politica e senatore indipendente della Democrazia Cristiana, cercò di elaborare riforme della democrazia parlamentare tali da rafforzare il rapporto tra cittadini, Parlamento e governo. «Colpevole», secondo i brigatisti, di promuovere un rafforzamento dello Stato, venne freddato nella sua casa di Forlì in quello che si rivelò uno dei colpi di coda delle Brigate Rosse, dopo la scia di sangue degli anni Settanta e Ottanta.

Cattolico praticante, studente modello dell’Università Cattolica, Ruffilli fu direttore del Collegio Augustinianum, e per questo rimase sempre legato all’ateneo milanese. E alla Cattolica Ruffilli lasciò nel suo testamento metà dei propri risparmi, affinché venissero istituite borse di studio per giovani ricercatori nell’ambito delle scienze storiche e religiose.

Dall’Archivio

L’omelia di Carlo Maria Martini, dal titolo «Il coraggioso realismo della speranza cristiana», è disponibile nel nostro Archivio digitale: clicca qui per leggerla.

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