Il vescovo ideale

 

Franco Giulio Brambilla
Vescovo di Novara

Torno dal funerale del mio amato cardinale Martini. È stato il vescovo della mia maturità sacerdotale. Quando è arrivato a Milano avevo cinque anni di messa. È partito per Gerusalemme che ero un prete di quasi trent’anni di ministero.Sono stato a trovarlo pochi giorni prima del mio ingresso a Novara. Abbiamo parlato lungamente con lo sguardo sul momento presente della Chiesa e del mondo. La sua voce impercettibile interveniva pochissimo con parole incoraggianti. A un certo punto mi aveva chiesto: «Che programma hai per Novara?». Senza attendere risposta, mi aveva regalato il suo unico vero libro, scritto dopo il ritiro da arcivescovo di Milano: Il vescovo.

Mi disse: «L’ho voluto scrivere di mia mano con fatica. Tutti gli altri libri sono riedizioni». È il suo vero testamento spirituale. Lo riprendo in mano stasera. Contiene l’immagine del vescovo ideale secondo Martini. È il vescovo secondo il Vaticano II e vi trapela l’esperienza milanese del grande biblista. Egli parla del vescovo per «tirarlo giù dalla nicchia e vederlo a contatto con la gente […], con un’immagine meno vaporosa e ieratica, più viva e senza false pretese». Martini è capace di tessere la figura del “vescovo ideale” con una riflessione sapienziale, venata d’ironia e disincanto, di punte graffianti e sapide notazioni.

Questa sera il testo mi sembra brillare nella nitida verità della morte in Cristo. Duecentomila persone gli hanno reso omaggio in due interminabili giorni di code. Presenti al funerale ventimila. In assoluto silenzio. L’etimologia del termine “vescovo” (da epi-skopein: sorvegliante, guardiano, guida, pastore) – scrive Martini – tende a schiacciarne la figura sul tema dell’autorità. Nella comunicazione pubblica l’autorità gode oggi di cattiva fama. Martini la sottrae alla sua concentrazione sul potere di governo per mettere in rapporto il vescovo con la Parola e la sua azione santificatrice. Quando era a Milano, diceva sovente di sentire l’onere di essere un simbolo anche per la città. Oggi si è visto che c’è autorità e autorità: quando essa parla al cuore della gente e porta il cuore della gente al contatto vivo con la Parola, realizza il vero significato del termine.

Auctoritas è colui che fa crescere la vita. La figura pastorale del vescovo dev’essere un «servitore della parola di Dio». Martini stesso ne è stato come l’icona: «Egli deve avere il Vangelo dentro sé stesso e quindi essere un Vangelo vivente». Sottolinea in modo icastico: «Se si vuole un vescovo profeta, bisogna dargli molto tempo per pregare». L’immagine a tutto tondo profilata da Martini nel piccolo libro rilegge radicalmente il tema dell’autorità. Il suo è un potere illuminante e liberante che partecipa ai gesti di Gesù di liberazione dal male e trasmette la forza del lievito evangelico. Rileggo con emozione il terzo capitolo. Sono passati in rassegna tutti i contatti del vescovo: con i non credenti, i poveri, i malati, i carcerati, gli stranieri. Poi l’ampia rosa delle relazioni ecclesiali: i fedeli, i collaboratori, i preti e diaconi, i teologi, il seminario, i religiosi, il mondo missionario. Per terminare con le istituzioni, gli ebrei e il mondo dei media. In questi giorni sono sfilati tutti davanti a lui. Erano presenti in duomo i colori variegati di tutte le religioni. E gli ebrei a mezzogiorno a recitare i salmi davanti a quella che era stata la sua casa.

Sul margine del libro ho segnato con forti tratti di penna i testi importanti anche per il mio ministero qui a Novara. Sono le caratteristiche attuali di un vescovo: l’integrità, la lealtà, la pazienza e la misericordia. Scolpite con lo stilo di un sapiente biblico e consegnate idealmente a un giovane vescovo.

Come la chiusa del libro che leggo con un nodo alla gola: il vescovo dev’essere «un uomo umile, che vince le durezze con la propria dolcezza, che sa essere discreto, che sa ridere di sé e delle proprie fragilità. Che sa riconoscere i propri errori senza troppe autogiustificazioni. Dunque anzitutto un uomo vero». È l’unico libro che ho tenuto sempre con la Bibbia sulla scrivania in questi primi sei mesi. Grazie Carlo Maria, per noi – per me – sei stato un pastore così!

Franco Giulio Brambilla
Vita pastorale, ottobre 2012
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