Come avviene ogni 15 del mese, da oggi sono disponibili nell’Archivio digitale Martini nuovi documenti, provenienti dal “Fondo archivistico Curia arcivescovile di Milano – Ufficio per le comunicazioni sociali”. Tra i vari testi e immagini relativi all’annata da oggi consultabile, il 1998, segnaliamo l’omelia che il Cardinal Martini tenne il 1° marzo durante la celebrazione eucaristica della prima domenica di Quaresima, in Duomo. Di seguito il testo integrale (nella foto, Sandro Botticelli, particolare da Le prove di Cristo, 1480-1482)

 

Anticipare la pienezza del Regno
nei rapporti giusti e buoni

 Vi ringrazio di essere convenuti numerosi in questo Duomo per iniziare con il Vescovo il tempo solenne di quaresima, per partecipare insieme a me al rito delle ceneri, rito che ci richiama alla necessità di una continua conversione a Dio, riconoscendo la nostra fragilità, la nostra mortalità, il nostro peccato ed esprimendo la nostra volontà di aprirci alla grazia del Signore, di vivere bene secondo il Vangelo.

Il periodo quaresimale è composto da 40 giorni, da sei settimane che ci preparano alla Pasqua; tutto deve tendere, in maniera coerente e rigorosa, verso la centralità del mistero pasquale, della morte e risurrezione di Gesù, che poi vuol dire centralità della Eucaristia e centralità della carità. Attraverso il cammino progressivo, che iniziamo oggi, la Chiesa ci fa entrare, con la liturgia, nel mistero di Gesù morto e risorto, al quale siamo stati associati nel battesimo e nel quale dobbiamo vivere sempre più profondamente nella vita di ogni giorno mediante la carità.

Abbiamo celebrato poco fa, nella chiesa di S. Bernardino, il rito molto suggestivo dell’ammissione di oltre 100 adulti ca­tecumeni che, nella Veglia pasquale, riceveranno il battesimo, la cresima e l’eucaristia. Desidero quindi salutare, anche a vostro nome, quelli tra loro che sono qui presenti.

Il Papa, nel Messaggio per la quaresima — dove riflette a lungo sulle diverse forme di povertà materiali e spirituali — ricorda che «la quaresima ci fa presente ogni anno il mistero di Cristo condotto dallo Spirito nel deserto. Con questa singolare esperienza Gesù testimoniò il suo totale affidamento alla vo­lontà del Padre e la Chiesa offre ai fedeli questo tempo liturgico perché si rinnovino interiormente mediante la parola di Dio ed esprimano nella vita l’amore che Cristo infonde nel cuore di chi crede in lui». E aggiunge: «In questo 1998 la Chiesa, preparandosi al Giubileo del 2000, contempla il mistero dello Spirito santo per lasciarsi guidare da lui… La quaresima è così un cammino di conversione nello Spirito santo, per incontrare Dio nella nostra vita» (n. 1).

Viviamo dunque questa quaresima nello Spirito santo di cui ho parlato a lungo nella mia lettera pastorale Tre racconti dello Spirito; è lo Spirito che agisce in noi con i sette doni sui quali ho riflettuto con voi negli Esercizi spirituali alla diocesi che ho tenuto nell’ottobre scorso via radio e televisione. E dello Spirito parlerò ancora via radio e televisione — a partire da dopo domani, 3 marzo — ogni martedì di quaresima per do­mandarci qual è il frutto dello Spirito nella vita quotidiana. Sarà perciò lo Spirito santo, lo Spirito di Gesù crocifisso e risorto il protagonista del nostro itinerario verso la Pasqua.

Vorrei allora rileggere brevemente le tre letture della Messa, in particolare la prima e la terza, per cogliere già da subito qualche suggerimento dello Spirito.

 

IL VERO ATTEGGIAMENTO QUARESIMALE

La prima lettura è tratta dai capitoli finali del libro di Isaia (58,4-10). Il profeta applica ai rapporti quotidiani nella comunità le grandi visioni messianiche di salvezza che nei primi capitoli aveva profetizzato come miracoli di Dio, un grande cambiamento per opera di Dio; egli ci dice che il cambiamento comincia col cambiare il nostro cuore, col vivere il vero digiuno. Nelle opere giuste di ogni fedele c’è come un anticipo della felicità messianica promessa per gli ultimi tempi. Il vero digiuno, quello che Dio ama, è anticipare i frutti della giustizia definitiva.

Il brano di Isaia sottolinea perciò che la quaresima gradita a Dio è la quaresima della giustizia. E denuncia le pratiche puramente superficiali ed esteriori, che non servono a nulla se non sono accompagnate da una radicale conversione del cuore, dalla rinuncia all’egoismo. dall’amore ai fratelli. Poi elenca una serie di azioni e di atteggiamenti in cui consiste il vero digiuno: sciogliere le catene, togliere i legami, liberare gli oppressi, spezzare ogni giogo, dividere il pane con l’affamato, ospitare in casa i miseri, vestire chi è nudo, non distogliere gli occhi dal prossimo bisognoso, non puntare il dito contro gli al­tri. C’è qui una connessione tra il bene da fare ogni giorno e il bene come dono messianico che verrà da Dio: allora brillerà tra le tenebre la tua luce — assicura il profeta —, la tua tenebra sarà come un meriggio. È molto importante questa connessione tra il bene da compiere e il dono messianico, tra cam­mino quotidiano dell’uomo e salvezza dall’alto, da Dio.

Questa è la quaresima: l’anticipo della pienezza del regno di Dio vissuta nei rapporti giusti e buoni di ogni giorno (nella famiglia, nell’ambito del lavoro, nella comunità).

E se la viviamo così, la quaresima è «momento favorevole». è «tempo di salvezza», secondo le parole di san Paolo nella seconda lettura (cf. 2Cor 6,1-2).

 

LA TOTALE ADESIONE DI GESÙ AL PADRE

Il testo profetico introduce alla comprensione della pagina evangelica, una pagina densa di significato, che ci parla delle tre tentazioni affrontate da Gesù nel deserto.

Gesù vive l’esperienza dei 40 anni di cammino nel deserto da parte del suo popolo, di Israele, passando 40 giorni in solitudine, in preghiera, in digiuno, in fatica, in fame, in silenzio. Trascorso questo tempo viene tentato; anche noi siamo tentati ogni volta che ci sforziamo di vivere meglio, perché il demonio tenta non chi fa male, ma colui che cerca di fare il bene. E Gesù viene tentato nel suo agire stesso messianico, cioè viene spinto a utilizzare a suo favore i doni che il Padre gli ha dato per noi, quindi ad appropriarsi dei beni di Dio. Egli avrà sì il dono di moltiplicare il pane, però lo farà per altri, non per sé; riceverà il potere in cielo e in terra, ma lo riceverà da Dio per nostro amore e servizio e non per se stesso. Leggiamo in questa pagina le tentazioni proprie di ciascuno di noi, quelle di fare dei doni di Dio un possesso e un vanto, di servirci dei nostri doni e talenti per nostra comodità, non per i fratelli.

Siamo chiamati con Gesù a obbedire al Padre, ad accogliere con gratitudine il suo volere, ad aderire totalmente al suo progetto.

 

UN NUOVO APPELLO ALLA NOSTRA LIBERTÀ,
ALLA NOSTRA FEDE, AL NOSTRO AMORE

Abbiamo detto che il tempo di quaresima è un più esplicito impegno a vivere e a camminare secondo lo Spirito santo; è una sorta di ritiro nel deserto in cui la Chiesa ricorda intensamente le sue origini; è un periodo di lotta e di rinuncia per seguire più da vicino Gesù, confrontando i nostri atteggiamenti con i suoi, riesaminandoci sulla nostra docilità allo Spirito.

Quali messaggi concreti ricaviamo dalle letture bibliche?

  1. Un appello alla nostra libertà. Come Gesù nel deserto, che cita tre volte il libro del Deuteronomio, così noi siamo invitati a dare più spazio all’ascolto della parola di Dio nella liturgia, nella lettura privata dal Vangelo, nel silenzio, nel raccoglimento. Cerchiamo di vivere, con libertà di cuore, momenti gratuiti di ascolto della Parola e di silenzio, aprendoci all’azione dello Spirito.
  2. Un appello alla nostra fede. Traduciamo nel quotidiano la fede in Gesù crocifisso e risorto, lasciamoci chiamare a vivere in maniera più sobria, guardiamoci dallo spreco, impegniamoci in piccole rinunce per rafforzare il nostro uomo interiore.
  3. Un appello al nostro amore per il prossimo, alla giustizia, alla carità, alla misericordia, anche secondo l’invito del Papa:

«Esorto ogni cristiano a dare visibilità alla sua conversione personale con un segno concreto di amore verso chi è nel bisogno, riconoscendo in lui il volto di Cristo che gli ripete, quasi a tu per tu: “Ero povero, ero emarginato… e tu mi hai accolto”… Ma l’aprirsi all’amore del fratello implica un’accoglienza sincera, che è possibile solo in un atteggiamento personale di povertà nello spirito. La povertà nello spirito è frutto del cuore nuovo che Dio ci dona» (Messaggio per la quaresima, n. 4).

Il Papa conclude il suo Messaggio con le seguenti parole:

«Auguro che la quaresima 1998 diventi occasione per ogni cristiano di farsi povero con il Figlio di Dio, per essere strumento del suo amore al servizio del fratello in necessità» (n. 5).

Maria, Madre del Figlio di Dio e Madre nostra, ci aiuti a realizzare, per la forza dello Spirito santo, l’auspicio del Papa.

Omelia nella I domenica di quaresima
Duomo, 1 marzo 1998

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