Nel dicembre 1980 Carlo Maria Martini, da pochi mesi Arcivescovo di Milano, pubblicò sul mensile diocesano, Il Segno, una lettera in cui raccontava le sue emozioni e riflessioni con riferimento al Natale imminente: “Il mio primo Natale con voi” era appunto il titolo del breve ma intenso testo, che riportiamo di seguito. L’articolo è tratto dall’Archivio Martini dove è possibile trovare numerosi altri testi, audio e foto del Cardinale riferiti al Natale (leggi qui per approfondire).

 

Scrivo questa lettera pensando al prossimo Natale. Forse molti altri già cominciano a pensarci, e molti più ancora, quando questa lettera sarà pubblicata, saranno già presi da quella “frenesia” del Natale che da un po’ di tempo in Italia è divenuta l’atmosfera caratteristica delle ultime settimane di Avvento: acquisti, progetti di soggiorni in montagna, ecc. Altri invece stanno forse pensando al vicino Natale con un po’ di timore: ristrettezze economiche, sofferenze in famiglia, malattie non permetteranno di viverlo come si vorrebbe.

Per me sarà il primo Natale che passerò a Milano, e come Vescovo. Non posso ancora anticipare quali saranno i miei sentimenti in quel momento: certamente mi sentirò molto unito a tutti in quel giorno, a chi è nella gioia e soprattutto a chi rischia di passarlo nella tristezza. Ripenso anche, in questo momento, ai Natali che ho passato altrove. Due mi vengono soprattutto alla mente, passati in Palestina, a Betlemme.

Nel primo dì essi mi recai ad assistere alla Messa di Mezzanotte celebrata dal Patriarca latino di Gerusalemme. Ci vollero due ore di attesa in piedi in fila indiana per entrare nella Basilica, perché tutti venivano attentamente perquisiti per timore di attentati. Quale contrasto tra il messaggio di pace e la paura della guerra! Quando poi finalmente entrammo nella Chiesa, ci apparve inondata di luce. Il pensiero di trovarci vicino alla grotta della Natività ci tendeva attenti ad ogni parola e gesto della Liturgia. C’era gente di tutte le nazioni, e la Messa era in gran parte in arabo, ma ci sentivamo tutti uniti nella contemplazione del medesimo mistero di salvezza.

Il Natale dell’anno seguente mi ritrovai ancora a Betlemme nella notte, aspettando di entrare nella Basilica, ma l’attesa era più lunga degli altri anni. In mezzo a tanta gente avevo l’impressione di non riuscire a raccogliermi e a pregare come avrei desiderato. Allora decisi di staccarmi dal gruppo, e di incamminarmi a piedi da solo verso Gerusalemme, dove avrei potuto celebrare la Messa arrivando ancora prima della mattina.

Quella camminata nella notte di Natale, ripensando in preghiera l’itinerario di Maria e di Giuseppe, fu per me indimenticabile. Il cielo era stellato e c’era una grande calma. Voltandomi ogni tanto potevo vedere Betlemme illuminata, e più sotto il «Campo dei Pastori». Mi sentivo spiritualmente accompagnato dai personaggi biblici che avevano percorso questa strada, a cominciare da Davide. Essi mi parlavano della grande speranza, del grande atteso dalle genti, del Messia. Quel Messia che al termine del mio cammino avrei stretto tra le mie mani nell’Eucaristia.

Ed ecco l’augurio che faccio a tutti per Natale: di provare quella pace, quel senso di speranza; quella certezza di sentirsi amati da Dio nel Suo Figlio che nasce al mondo, che ho provato in quella notte silenziosa.

E se qualcuno vorrà partecipare un po’ più da vicino a questa esperienza, si riserbi, la sera dì Natale, qualche momento di preghiera silenziosa. Si rechi magari alla Chiesa un po’ prima dell’inizio delle funzioni e si prepari, adorando e meditando, a ricevere il più grande segno dell’amore di Dio per l’uomo, il Suo stesso Figlio che viene tra noi per esserci compagno nel nostro cammino.

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